28 ottobre 2006

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Dispensa


Nella prima fase di introduzione della TV digitale, l'offerta di contenuti si è moltiplicata, articolandosi -in ciascun mercato- in decine di canali tematici, per lo più all'interno di bouquet a pagamento. La parola d'ordine è segmentazione: affiancare ai pochi grandi canali generalisti una serie di proposte mirate, volte a soddisfare i gusti di numerosissimi segmenti di mercato. Sport, cinema, serie, intrattenimento, news, factual, life-style, cartoon....: tutti i generi sono stati esplorati e ogni canale ha cercato, nel suo ambito, un proprio posizionamento distintivo.Sotto il profilo economico e strategico va notato che questa evoluzione dell'offerta ha visto la nascita di molti editori, soprattutto in seno ai grandi gruppi conglomerati dell'audiovisivo. Questo significa che coloro che fino ad allora erano eminentemente contet providers, e che rimangono ancora tali nella filiera analogica, nella filiera digitale diventano packagers, cioè editori in proprio, segnando un passo decisivo verso valle nel processo di integrazione verticale.I packagers "indipendenti" che dominano la filiera analogica europea (i grandi broadcaster pubblici e privati) nell'ambiente digitale rischiano dunque di rimanere schiacciati tra i grandi produttori internazionali (fornitori di contenuti e ora editori in proprio) e gli aggregatori, cioè gli operatori di piattaforma (come Sky). Questo li spinge a rivedere il proprio posizionamento sul mercato e a cercare, a seconda dei casi, di far leva sull'attuale posizione di forza nel mondo free-to-air per generare nuovi canali come spin-off di quelli affermati (è il fenomeno degli slave channels o dei canali frutto di brand extension); o di cercare delle alleanze con le grandi conglomerate per presidiare assieme dei segmenti importanti di pubblico (va letta in questo senso la partnership di Mediaset con Turner-Warner, per il canale Boing).Nella seconda fase evolutiva della TV digitale, come abbiamo visto, televisione e televisore si separano. La TV dunque "esce" dal televisore e si avventura per nuove strade, attraverso piattaforme diverse, e ricercando sempre il modo di adattarsi ai nuovi contesti. Se nella prima fase, il digitale aveva spinto la TV "semplicemente" a moltiplicare e segmentare la propria offerta di contenuti, ora la tecnologia cambia da dentro la TV, influenzandone la progettazione editoriale e modificando le forme di consumo: enhancement dei programmi, interattività, accesso on demand, mobilità, ecc... La personalizzazione è il nuovo imperativo.Evidentemente tutto ciò favorisce smottamenti all'interno della filiera televisiva. Oltre ai content providers che divengono anche packagers (le majors USA), abbiamo packagers che diventano aggregatori e service providers (Mediaset Premium), aggregatori/service providers che diventano packagers (Sky, attraverso canali a marchio Fox), fornitori d'accesso che diventano aggregatori (Telecom con Alice) o addirittura editori/packagers (H3G con i canali La 3), aggregatori che diventano fornitori d'accesso (BSkyB con Easynet), ecc...,Com'è facile comprendere, a questa metamorfosi si accompagna una profonda ridefinizione della natura e delle forme del diritto di sfruttamento economico del prodotto editoriale. Se nel mondo analogico il diritto è in qualche modo "solido", suddivisibile facilmente in grandi fette, a ciascuna delle quali corrisponde ad uno step della filiera (per esempio, per il film: theatrical, home video, pay TV, free TV,.....), nel mondo digitale la necessità di operare distinzioni sempre più sottili (ora per tecnologia trasmissiva, ora per modalità di distribuzione, ora per offerta commerciale, ...) porta ad un diritto frantumato, quasi polverizzato. Avvisaglia di un diritto "liquido" - impossibile da frazionare e definito solo dall'ambiente contenitore che lo accoglie- che potrebbe caratterizzare il futuro della gestione dei contenuti. Se, ad esempio, in un domani non troppo lontano, un'unica meta-rete IP (fissa, mobile, wireless) innervasse il nostro ambiente e ad essa potessero accedere i devices fissi (videostations, PC, ....) o mobili (palmari, telefoni, Pod,...), tutti dotati di memoria privata; e se su questa rete fossero disponibili sempre e dovunque tutti i contenuti, per una funzione live o differita, o, ancora on demand, non sarebbe questo l'habitat di un "iper-contenuto" multi-platform e del suo relativo multi-forme diritto "liquido"?Ma soprattutto sono le valenze editoriali e linguistiche dei contenuti -la loro natura, i formati, i codici,.... - a subire le trasformazioni più profonde una volta entrati nell'ambiente digitale. Anche i contenuti che apparentemente restano gli stessi ( i film, le serie, gli eventi sportivi,....), in realtà si modificano, si arricchiscono (nuovi formati video: HD, 16:9, sottotitoli; doppio audio; testi e grafiche con informazioni a corredo, ecc...) e si guadagnano una nuova funzione d'uso a seconda delle piattaforme su cui viaggiano (lo stesso film è una cosa diversa se visto su schermo TV normale, su PC, su monitor HD o su videofonino).Più spesso però i contenuti nati per lo schermo TV devono adattarsi ai nuovi ambienti: sul mobile ad esempio le soap e le serie si frammentano in mini-blocchi ("mobisode") e i film vengono spezzati in stream di 10 minuti, attivabili on demand. E anche sui videoportali broadband i prodotti canonici televisivi si articolano in segmenti fruibili a richiesta.Nascono poi contenuti nuovi, concepiti apposta per il nuovo ambiente degli "audiovisivi di rete": è il caso delle soap multiplatform, come la portoghese Diario de Sofia; ma anche dei video blog, degli shorts comici e spettacolari che girano sulla rete (celebre la serie "metti le Mentos in una bottiglia di Diet Coke"), dei mini reality casalinghi ripresi dalle web cam.Difficile dire quali "dimensioni" del contenuto TV si modificheranno davvero nel nuovo ambiente digitale. Il contenuto "dal basso" soppianterà quello "dall'alto"? Le modalità di offerta a consumo non lineari prevarranno su quelle lineari? I prodotti brevi -"snack"- metterano in crisi i prodotti strutturati e articolati su un arco temporale più lungo? Il consumo differito (time-shift) è dislocato (place-shift o mobility) richiederà una nuova progettualità di palinsesto? Il consumo individuale forzerà l'abbandono della logica del comune denominatore, che ha sempre guidato la creatività televisiva, e inaugurerà la stagione del "fatto su misura"? La qualità dello schermo, che sempre più si polarizza fra qualità (grandi dimensioni e HD) e praticità (piccole dimensioni, portabilità) metterà alla prova lo standard unico e universale della TV, favorendo la nascita di almeno "due TV"? Prematuro sbilanciarsi in previsioni.

3 Comments:

Blogger Giorgia Gazzetti said...

Ciao a tutti amici blogghisti!
Ma qlc sa dirmi come riesco a entrare nel team?
Buon sabato a tutti!

Giorgia

9:19 PM  
Anonymous Anonimo said...

Prof ma è possibile mettere l'aggiornamento istantaneo degli aggiornamenti dei vari Blog?
Potrebbe essere interessante ..

10:12 PM  
Blogger Ilario82 said...

Riporto qualche appunto dalla scorsa lezione del prof. Pendinelli, che parla proprio del problema dei contenuti e dei rapporti di forza tra i vari attori del mercato:
"Prima era il distributore ad avere le chiavi del mondo della comunicazione, ma con l'avvento delle tecnologie digitali la distribuzione è entrata in crisi: i produttori hanno capito che può essere molto più agevole e conveniente distribuire da sé. Tanto che un distributore come Comcast (il quinto al mondo) nel 2004 ha cercato di correre ai ripari lanciando un'offerta d'acquisto su Disney di 66 miliardi di dollari!! Questo ha fatto capire quanto sia tornato strategico il ruolo delle idee, materia prima della quale c'è sempre più bisogno: Disney non è solo un marchio, ma è il valore dei suoi creativi, cioè di quelle persone che hanno per abitudine il creare idee.
E' chiaro che solo nuove idee potranno dare un futuro ai nuovi sviluppi tecnologici (uno per tutti, il tvfonino) e vincere la sfida dei contenuti".

11:55 PM  

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