05 marzo 2007

Scheda su Machiavelli per corso Prof. Fara

NICCOLO’ MACHIAVELLI

Il pensiero di Niccolò Machiavelli si colloca in un contesto storico nel quale la crisi degli assetti politici tradizionali chiedeva di ridefinire la politica e rimotivare l’agire pubblico. L’età in cui visse Machiavelli rappresentò un momento di transizione in cui i concetti medievali universali dell’Impero e della Chiesa si andavano lentamente dissolvendo. Con questa situazione storica alle spalle, Machiavelli diede al pensiero laico piena consapevolezza, supportato dalla nascita della politica come scienza. La politica, ergendosi a scienza, diventava pienamente autonoma dalla religione, dalla morale e dalla teologia. La nuova disciplina, per Machiavelli, doveva quindi prefiggersi lo studio dell’arte di governo estraniandola da ogni remora religiosa o morale.
L’etica tradizionale con i suoi requisiti risulta spesso inattuabile e inefficace nella pratica. La lealtà e l’integrità, infatti, non dicono nulla sulla reale capacità di gestione del politico, si tratta di qualità che allo statista “gran simulatore” è necessario “parere di averle”, ma che non possono certo orientare i concreti svolgimenti della politica. Guadagnare il consenso è la prerogativa principale per chi fa politica e anela al potere; per questo diventa essenziale l’apparire. Tutti gli sforzi degli uomini politici sono in vista del consenso raggiungibile attraverso la manipolazione dell’opinione pubblica. Così Machiavelli ci introduce alla società della comunicazione, tempio dell’apparire, e all’arte della persuasione, doti al limite della moralità. La fama costruita e artefatta di un personaggio pubblico diventa un efficace strumento di persuasione. Proprio la legittimazione dei mezzi in vista del fine ha da sempre contrassegnato il pensiero di Machiavelli. Il mancato riferimento a valori etici nel trattato “Il Principe” ha portato erroneamente a ricondurre tutta la filosofia di Machiavelli al principio “il fine giustifica i mezzi”, principio tuttavia non formulato dal fiorentino, il quale orientava le sue simpatie verso la virtù e la prudenza nella vita civile e politica. Il “Principe” è un teorema politico in quanto ricerca e delinea le qualità necessarie per governare. Nello stabilire le regole di governo Machiavelli mostra l’assoluta impoliticità della vecchia etica. La virtù politica non è confondibile con la moralità e il vizio non è necessariamente riconducibile all’immoralità. Ed ecco che Machiavelli svela il carattere umano di una politica feroce assieme all’inefficacia di un’attività ispirata ai canoni della lealtà. In questo sta la legittimazione dei mezzi e delle capacità persuasive. Esistono vizi moralmente discutibili che, tuttavia, assicurano la conservazione dello Stato. Il grande problema di Machiavelli è quello di costruire ordinamenti in grado di pacificare le relazioni tra i soggetti e frenare le passioni individuali. Lo Stato si configura così come l’unica istituzione attraverso la quale superare la corruzione e salvaguardare la sicurezza comune. Non è il fine in quanto tale a giustificare il mezzo cui fare ricorso ma la presenza o meno di ordini politici. La difesa della libertà è al centro della dottrina di Machiavelli che pone le basi del liberalismo moderno e del contrattualismo che considera lo Stato frutto di una convenzione tra gli individui e della coincidenza dell’interesse privato con quello pubblico. Con Machiavelli, inoltre, si parla di “patria”, concetto liberale e moderno che sopraggiunge a quello medievale di “sudditanza”. L’uomo moderno è ormai libero, emancipato dal soprannaturale, è un uomo che proclama la sua autonomia e prende possesso del mondo.